Ho avuto una prima figlia, sono stata in ospedale tre giorni, e non credo di essere stata in grado di presentarmi “in pubblico” senza occhiaie, capelli spettinati e magliette grondanti latte e rigurgiti per molti e molti giorni.
Ho partorito la seconda volta. Era domenica. Mercoledì sera ero a casa della mia amica Petra, ad arrotolare i numeri per la tombola della festa di Santa Lucia. Il povero Ingegnere era a casa con il padre (a pochi metri, eravamo vicine di casa allora io e Petra). Sarò stata fuori al massimo due ore. Dopo qualche giorno ero all’incontro catechisti, e ricordo ancora quando il nostro parroco rispose al telefono e, allontanando la cornetta dall’orecchio mentre un acuto strillo di bimbo riempiva la stanza mi disse: “è per te”. Io avevo il cellulare scarico…
Ho partorito la terza volta. Il Cavaliere raggiungeva a stento i 2,5kg e il pediatra, congedandomi dall’ospedale mi disse: “mi raccomando, lo allatti tutte le volte che vuole, anche ogni ora e mezzo”. A due mesi pesava 6 kg. Ma nonostante tutto, noi si usciva tutti e tre, per portare e riprendere La Sartina dall’asilo.
Poi ho partorito la quarta volta, sono uscita dall’ospedale in seconda giornata e il terzo giorno ero lì, a prendere i miei bambini a scuola, con la carrozzina, i tacchi e il rossetto (che non metto mai!!), come a voler dire che mi ero già ripresa. E dopo una settimana ho scoperto che La Polpetta aveva perso altri 300 gr dalla nascita, e ci ho impiegato due mesi per far partire l’allattamento (santa Katia de LLL).
Ho partorito la quinta volta, sono uscita di casa in seconda giornata e ho organizzato il veglione di Capodanno a casa mia, dopo quattro giorni. Eravamo in quindici.
Poi ho partorito la sesta volta. Pochi giorni prima avevo dichiarato: “sappiate tutti che questa volta per un mese mi trovate a letto, con il mio bambino tra le braccia. Non voglio sapere di pranzi, cene, incontri, assemblee… Io ho da allattare”.
Poi non è che sia andata esattamente così, perché quando nasci per sesto, in una famiglia, ti devi minimamente aspettare che ogni tanto qualcuno ti ricordi che la mamma non è solo tua.
Ma ogni volta, dentro errori e riprese, sviste e nuove consapevolezze, mi sono goduta i miei bambini. Ci sono cose che farei diversamente (e magari non sarebbe neppure meglio), ma di una cosa sono certa: da quel mattino di settembre del lontanissimo anno 2000, quando quella seconda lineetta rossa è comparsa, e io mi sono messa a saltare come una bambina che ha ricevuto proprio il regalo che desiderava, io sono una mamma.
Una mamma stanca e spettinata (per lo più), una mamma con i tacchi che scatta in piedi e torna a casa, vergognandosi un po’ perché si era messa proprio in prima fila, quando il marito la chiama dicendo “piange”. Una mamma che è contenta, una domenica pomeriggio di 13 anni dopo, di poter lasciare a casa per la prima volta L’Elfo con il nostro angelo custode, per andare al cinema da sola con il sant’uomo!
Di una cosa sono certa, da quel primo giorno: non ho rinunciato a niente, non ho perso niente, nulla mi è stato impedito, per il mio “essere mamma”. Perché non c’è niente di quello che ho fatto “per il bene” dei miei bambini, che non sia stato, sempre, un bene per me.
Perché il bene, troppe volte ce ne dimentichiamo, è uno solo!
è molto bello quello che hai scritto...mi hai emozionata :-)
RispondiEliminaCristina, sei una forza della natura! Io ho partorito solo 2 volte, ma devo ammettere che ho avuto bisogno di quasi un mese per riprendere una vita sociale normale, e anche così la mia tendenza dopo il parto è di passare tanto tempo in casa. Probabilmente è molto diverso quando ci sono figli più grandi da portare di qua e di là.
RispondiEliminaUna delle cose belle del mio parto in casa è che l'ostetrica mi ha costretto a letto una settimana, non perché stessi male, ma perché è giusto così. Mi ha detto: "Devi arrivare ad annoiarti". E purtroppo, visto che oggi è strano riposarsi dopo una gravidanza e un parto, lo ha dovuto spiegare e ripetere a chi mi stava vicino, che era importante perché il mio compito era di avviare bene l'allattamento e nutrire il mio piccolo. Ma mi mette tristezza che intorno non ci sia una gran solidarietà e ti fanno sentire come una signora viziata.
RispondiEliminaEh sì, viva la mamma!
RispondiEliminaviva chi riesce ad essere una super mamma
e chi ci prova e chi non ci riesce...
'che abbiamo tutti da imparare...
grazie per il tuo magnifico esempio.
ciao!
Ciao Cristina, bentornata....questi sono i tuoi post che amo di più perché rispecchiano quello che sei: una grande donna e mamma coraggiosa! Grazie x la tua testimonianza che mi dà sempre tanto coraggio! :)
RispondiEliminaChe bello questo post :)
RispondiEliminaBellissimo post. Coraggiosa tu! Grazie.
RispondiEliminaCara Cristina, quanto Amore nelle tue parole.
RispondiEliminaPer me ogni nuova nascita è stata seguita da una lunga ricerca del nuovo equilibrio, per forza diverso da quello precedente, in un percorso faticoso. Ce l'ho sempre fatta (ce l'abbiamo fatta come famiglia), ma mai nel giro di pochi giorni. Ed è stato un buon insegnamento anche quello, per come sono io: prendermi i miei tempi, ascoltare i miei bisogni.
La nascita della mia prima bambina è stata quella che mi ha spinta poi a diventare doula, anche se lo sono diventata ufficialmente solo dopo il secondo figlio. Quella fatica, quella solitudine, quella necessità di rimettere tutto in discussione o almeno di riorganizzarlo, ma soprattutto la fatica emotiva di non farmi schiacciare dagli altri, che ne sapevano tutti più di me. Ecco, queste fatiche mi hanno spinta a mettermi al servizio di quelle mamme che il giorno dopo il parto, e nemmeno quello dopo ancora, e dopo e dopo, potevano o volevano mettersi un tacco o preparare da mangiare. Che poi, comunque, mi piace stare accanto anche alle mamme super organizzate: in effetti, le mamme, mi piacciono proprio tutte, per il solo fatto di essere Mamme.
Ma certo l'esperienza fa moltissimo, e così il mio ultimo bimbo (il terzo) ha trottato insieme a me dietro ai primi due molto presto e con risultati egregi, direi, quanto ad efficienza ;-)
Come te credo che non ci sia stato sacrifico, ma "sacro-ufficio": quello che ho fatto, per loro, per noi, per me, era ed è davvero prezioso.
Sara