I miei post di solito nascono di getto. L’impegno sta prima, nello scegliere un tema, un titolo, e, soprattutto, una foto adatta.
La foto è da sempre il mio problema, non so farle, non ho voglia di impegnarmi per imparare,e anche solo andarle a cercare per inserirle mi pare una fatica. Son certa che i lettori di questo blog se ne fossero già accorti da tempo… Le immagini non sono il mio forte, io comunico con le parole.
Una volta compiuto questo “sforzo” iniziale, di solito poi le parole vengono da sole, come quando scrivo una lettera ad una amica. Più impegnativo, piuttosto, il “poi”, la rilettura con conseguente (necessario) taglio di quanto è di troppo (ebbene sì, scrivo ancora più di quel che poi pubblico… Un minimo di autocritica mi permette di sfrondare e tagliare laddove mi pare possibile!).
Questa volta temo non sarà così.
Questo è un post difficile, che da tempo mi ronza in testa, per il quale non avevo ancora trovato il coraggio di mettermi alla tastiera.
Anche il titolo mi è costato fatica, e ho deciso all’ultimo di modificarlo. Perché il titolo originario, il titolo 1 di questo post sarebbe dovuto essere:
Maschio e femmina li creò
Ma, mi sono detta, se pure è esattamente questa la questione sul piatto, un titolo più filosofico mi avrebbe forse aiutata a centrare la questione non sull’etica (da queste parti ultimamente siamo sempre meno preoccupati della rettitudine morale – sarà l’aria di adolescenza che si inizia a respirare? – mentre siamo sempre più interessati alla verità, logica, gnoseologica, ontologica. Perché è sull’essere che appoggiamo la nostra speranza, e non sul dover essere!).
Non si tratta, infatti, di entrare nel giudizio del comportamento delle persone, ma di iniziare a riflettere sul vero significato delle parole, in modo tale che un uso corretto del linguaggio ci aiuti a svolgere dei ragionamenti coerenti, al fine di raggiungere dei giudizi ragionevoli, dei giudizi “veri”.
I giudizi, poi, sono il punto di partenza (o almeno dovrebbero esserlo) per l’agire, così che quel che facciamo non sia mera istintiva reattività, e le nostre azioni non siano giustificate in base ai nostri stati d’animo, ma piuttosto indirizzate ad un fine.
Tutto ciò (mamma mia, ho quasi esaurito lo spazio “normale” di un post per la premessa…) per dire una cosa molto semplice: guardando alla realtà senza pregiudizio, senza voler andare subito alle conseguenze e senza far scattare polemiche prima di aver capito di che cosa si sta parlando, bisogna necessariamente affermare una verità di ragione incontrovertibile. Questa verità afferma ogni essere umano nasce con una connotazione di tipo genetico immutabile, data, non negoziabile, che lo caratterizza per tutta la sua esistenza come possessore di una coppia cromosomica, che può essere XX oppure XY.
Questo è un dato di fatto che riguarda la realtà, una realtà non interpretabile e non mutevole in base alla scelta del singolo. Una realtà che la ragione, anche una ragione positivista ed illuminista, non può rigettare, perché evidente e addirittura “scientificamente dimostrabile”.
A questa prima verità incontrovertibile, ne consegue un’altra: perché un essere umano sia generato, è necessaria l’unione di due gameti, e questi gameti devono essere necessariamente portatori delle due differenti coppie di cromosomi: XX e XY
Le affermazioni appena enunciate sono evidenti e vere per chiunque con realismo guardi alla realtà. Quali che siano le conseguenze, in termini di comportamento, di etica, di legislazione, o in qualsiasi altro campo del ragionamento umano, non possiamo negare queste semplici verità, pena escluderci automaticamente dalla discussione, perché chi negasse l’evidenza (e il principio di non contraddizione) si porrebbe automaticamente al di fuori dal dialogo (non si può giocare a tennis con le palle da bowling. Se qualcuno desidera provarci, lo farà a suo rischio e pericolo…)
Perciò mi parrebbe quasi ridondante, ma avverto l’impellente necessità di riaffermare queste verità con altre parole (che portano il medesimo significato, in termini più quotidiani): ciascun essere umano nasce uomo (portatore della coppia cromosomica XY), oppure donna (portatrice della coppia cromosomica XX), e rimarrà uomo o donna, indipendentemente da qualsiasi cambiamento emotivo, fisico, estetico o di qualsiasi altro genere che non riesco ad immaginarmi, fino al termine della sua esistenza terrena (e io penso anche dopo, ma questo non è oggetto del discorso odierno).
Inoltre, affinché nasca un bambino, è necessaria l’unione di due gameti, uno maschile ed uno femminile. Gli esseri umani, l’uomo e la donna che in qualsiasi modo forniscano questi gameti sono i genitori del bimbo che nascerà, ne sono il padre (portatore di XY) e la madre (portatrice di XX).
Tutti gli eventuali comportamenti correlati, la presenza o assenza di questi due esseri umani nella vita successiva del nascituro, la loro connotazione emotiva, estetica e financo fisica, cosa ne sarà del loro rapporto e tutto quello che si potrà dire e pensare dopo, non falsifica questa affermazione: ogni bambino su questa terra ha una mamma e un papà, che lo hanno generato (senza dei quali non sarebbe potuto venire al mondo).
Stante tutto ciò si potrà continuare con la discussione su tutte le successive sfumature dell’umano, che in qualsiasi modo possono connotare la nostra esistenza. Tutto il resto viene DOPO
Ecco, i miei figli sanno questo, questo imparano a scuola (finché sarà possibile, se non saremo più liberi di educarli così a scuola ce li terremo a casa), e così – cioè affermando con realismo enunciati così da sembrare scontati – entrano nel mondo talmente certi di quel che hanno vissuto e stanno vivendo, da non avere paura di incontrare nulla, nemmeno quel diverso così diverso che di questa realtà si fa beffa.
Perché ho scritto questo post? Perché la realtà è testarda, e alla fine vince sempre. Perché c’è bisogno di dirsi, e di sentirsi dire, cose vere. Perché sento la necessità di mettere in gioco la questione fin dalle sue origini, e non mi basta pensare che nel recinto della mia casa (e della mia scuola, per ora) posso difendere la verità: la grande battaglia non è politica, non è morale, non è etica.
Qui c’è in gioco la ragione (che secondo Aristotele è la differenza specifica che ci caratterizza in quanto uomini, cioè “animali razionali”)
Questo blog nasce anzitutto come condivisione, testimonianza di speranza, ma la speranza, quella che ci permette di alzarci al mattino con la curiosità della giornata a venire, che ci fa affrontare la scuola e le vacanze, i compiti e il gioco, i problemi di cuore e quelli di portafoglio, senza mai temere di restare sopraffatti da nulla, questa speranza è il fiore della verità. Dalla menzogna, non nasce niente…
Ciao Cristina,
RispondiEliminasono felice di aver letto le tue parole perché, devo essere sincera, ultimamente tutto quello che sta succedendo riguardo a ciò di cui scrivi sopra mi fa vivere giornate meno serene. La speranza c'è, ma c'è anche la paura di non uscirne indenne e di non essere abbastanza forte per affrontare le difficoltà.
A presto
Chiara
Ecco Chiara, ho scritto proprio per questo. Perché c'è bisogno di dirsi che non è follia riconoscere il vero, che non siamo soli e che la compagnia che ci facciamo è un aiuto a sostenere la speranza!
EliminaGrazie
felice del tuo ritorno e felice di vedere che ( come immaignavo)lapensiamonello stesso modo. la stessa decisione abbiamo presoanceh io e mio marito e il compilare della domanda di ammissione a scuola miha fatto innervosire..
RispondiEliminacome hai detto tu ed ioin un precedernte post....... le "cose" vanno chiamate con il loro nome .... la convinzione inquello in cui credo èforte e mi batterò nel limite del possibile che rimanga tale almeno per i miei figli..
sul web compare la foto diuniscrizione con la barra su genitore e la scritta a penna di mamma ..... la approvo e sono felicedi averlo fattoancheio!!!!!
un abbraccio e ben tornata
Grazie Vero. Siamo insieme in questa battaglia!
Eliminacertamente.. :-)
Eliminasto lontano dalla tastiera per qualche giorno e....ti ritrovo! In quel luogo dove ci siamo conopsciute!
RispondiEliminaBeh, che dire, in maniera meno filosofica sai che staimo combattendo la tessa battaglia, insieme!
sto lontano dalla tastiera qualche giorno e...ti ritrovo qui! Nel luogo dove ci siamo conosciute!
RispondiEliminaE condividiamo la stessa battaglia, come ben sai, insieme!
Ciascuna a modo suo... che bellezza!
RispondiElimina