giovedì 29 ottobre 2020

Diario di bordo: compagnia

 Sembra paradossale, in questo momento storico, ma mai come ora sono consapevole della necessità della compagnia che sostiene le mie giornate. La novità è che la compagnia non è fatta da una immagine di "accompagnamento", che sia strettamente fisico/spaziale o anche semplicemente psicologico, alla persona. 

Non ho bisogno di qualcuno che mi stia accanto mentre rassetto casa (anzi, in quelle circostanze chi ronza intorno è anche fastidioso), né è indispensabile poter "riversare" su qualcun altro esplicitamente i timori o le fatiche quotidiane. Mi rendo conto che il concetto di compagnia evolve in me ad un livello altro, che ha sempre meno a che fare con la "prossimità" fisico/spaziale, facendo riferimento ad un legame molto più forte.

Ricordo da ragazza, era successo un disastro naturale in qualche zona orientale del mondo, il suggerimento che mi era stato dato "magari un sacrificio che tu fai qui ora è utile a qualcuno che dall'altra parte del mondo sta affrontando il disastro". L'avevo accolto, sicuramente anche in qualche modo tentato di seguire. Ma non avevo riconosciuto, come riconosco ora, la profonda verità di quel suggerimento. La compagnia non è (solo) l'amico idraulico che viene prontamente a ripararti la caldaia quando hai due bambini piccoli in pieno inverno e anche solo mezza giornata senza acqua calda pare insostenibile. Certo, è utile e buona cosa avere anche questo tipo di amicizia. E anzi, proprio attraversando questo "percorso" (cercando di essere io utile, per quel che mi è dato, agli amici) mi rendo conto che si tratta della manifestazione esteriore, "superficiale" di qualcosa di molto più profondo.

Perché è veramente vantaggioso avere un amico che "si prende cura" di noi, secondo le svariate necessità puntuali che la realtà ci pone dinnanzi. Ed è proprio necessario riconoscere un livello di dipendenza anche molto terra terra, per cui "cavarsela da soli" non è mai fino in fondo possibile (nonostante i pervicaci tentativi di autonomia inscritti nel DNA). Questo livello puntuale, del "vantaggio", nasconde però il fulcro della questione, che è un altro: il bene. Il fatto che il bene non sia contraddittorio, cioè che il perseguimento della "perfezione" del mio essere non possa mai concorrere nel generare un male in qualcun altro, porta una conseguenza interessante: la "comunione" effettiva con coloro che "concorrono al Bene". La compagnia affonda le sue radici più profonde non necessariamente nel "mutuo soccorso" (per sé necessario e a volte addirittura indispensabile), ma il "mutuo soccorso" è quasi una conseguenza del singolo, personale percorso verso il bene di sé.

In  questo senso la "compagnia" mi è diventata indispensabile, ossigeno proprio della vita. Ma non ha più a che fare con una necessità che definirei "psicologica", la coperta calda nel momento di fatica. Al contrario, la compagnia è diventata di natura ontologica, ha a che fare con l'essere più che col fare o col dimostrare. E basta un messaggio o un colpo di telefono, in cui ci si ricorda "ci sei? ci sono! Anche tu in battaglia? io pure". Passa, ovviamente, si esplicita ed emerge alla coscienza anzitutto attraverso un "fare", che a volte è soltanto un "dire", ma si tratta appunto di un "fare" e di un "dire" che hanno profondo riferimento all'Essere. 

"Ci sono", "ci siamo".

Perciò le variegate forme di "chiusura" che ci tocca affrontare non hanno conseguenza per me su questo livello della compagnia. E non sento la necessità di "sopperire" con videochiamate o artifici d'altro genere. L'esserci non necessita ineluttabilmente della presenza fisica (men che meno virtuale), ma prima di tutto di una presenza a se stessi, e della coscienza di essere tutti di fronte alla medesima domanda, attratti dalla medesima risposta. Questa compagnia diventa, sempre più efficacemente, comunione. 

Così l'affrontare la vita diventa questione sempre più personale, di responsabilità del singolo, e contemporaneamente qualcosa in cui non si può più esser soli, di quella solitudine che è mancanza. Quella responsabilità, di cui si accennava ieri, diventa pienezza. Addirittura sovrabbondanza. 

Si tratta, dicono, della Comunione dei Santi. 

2 commenti:

  1. Ciao Cristina! Mi sono accorta oggi che hai ricominciato il blog!! Mi mancava tanto... E grazie per questo post, mi serviva. Che bello leggerti. Se riesco, tra bimbi e varie, posso scriverti una mail? Martina

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  2. Ciao Martina! che bello trovarti. Scrivimi certamente quando vuoi: cristina.tamburini@gmail.com

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