lunedì 5 marzo 2012

Come dar loro torto?

Foto Titolo BlogLa settimana scorsa ho letto un articolo che ha particolarmente suscitato la mia attenzione: due ricercatori italiani presso un istituto australiano (un esempio di quei famosi “cervelli in fuga” di cui pare le università del mondo siano piene?), hanno affermato, senza mezzi termini, che il cosiddetto aborto post-nascita (altro modo per dire infanticidio, più elegantemente “eutanasia neonatale”) dovrebbe essere permesso in ogni nazione (come la nostra) in cui l’aborto sia accettato come pratica legale ed eticamente lecita.
Ho esultato. Ho proprio pensato “finalmente qualcuno lo dice”, perché è assolutamente vero, e basta un po’ di pazienza, quella necessaria per leggere l’articolo intregrale, pubblicato sul Journal of Medical Ethics per trovare le loro ragioni inconfutabili. (Nel frattempo ho trovato una buona traduzione in italiano del testo completo - e sempre nel frattempo il link che avevo messo non è più attivo... Dobbiamo accontentarci della traduzione italiana)
E l’abstract ci è già più che sufficiente:  “dimostrando che (1) sia i feti che i neonati non hanno il medesimo statuto morale delle persone effettive (actual persons) (2) il fatto che entrambe siano potenzialmente persone è moralmente irrilevante e (3) l’adozione non sempre è nel migliore interesse delle persone effettive... uccidere un neonato è eticamente accettabile come l'aborto”. La traduzione è mia, ma la ritengo corretta (nonostante le apparenze non sono solo mamma, ma traduttrice, e traduttrice di testi filosofici, teologici e – accidenti – bioetici!), anche se non molto elegante (non ho considerato valesse la pena sforzarmi per renderla più piacevole).
Mi scuserà la mia carissima amica Barbara se non mi soffermo sulla terza affermazione, primo perché non riesco a comprendere esattamente cosa ci faccia tra le premesse, secondo perché basterebbe sentire lei parlare dieci minuti della sua bimba cinese per capire che chi ha scritto non sa cosa sia “il migliore interesse”, mi dedico per un momento alle prime due.
Il fatto interessante, come direbbe il padre dei miei figli, è che i due ricercatori in oggetto (sempre i cervelli in fuga di cui prima) hanno un enorme problema, di tipo gnoseologico. Che è come dire (per chi come me da anni si dedica più che altro ai pannolini) che non sanno quello che dicono, cioè non conoscono fino in fondo il significato delle parole che usano, e soprattutto non conoscono il legame profondo che esiste tra pensiero, parola e realtà. Non ci stupisce, dunque, che i due malcapitati, subito dopo l’esplosione di reazioni (che par non si aspettassero!!), abbiano pubblicato una lettera di scuse, in cui cercando di minimizzare le loro argomentazioni, che – dicono – hanno solo valore accademico: sono un pure exercise of logic (un puro esercizio di logica). E io che mi credevo che il valore accademico di una dimostrazione fosse l’attestazione della sua veridicità, della sua autorevolezza, della sua (oso scriverlo!) verità…
Dimenticavo che siamo in un mondo in cui un feto, e di conseguenza anche un neonato, sono considerati persone potenziali. Che vorrebbe dire che sì, potrebbe anche darsi che un giorno diventeranno pur persone, ma al momento non lo sono. A parte il fatto che siamo già di fronte ad una grande confusione, perché forse i due “cervelli” intendevano dire che i feti e i neonati sono persone probabili (con una certa qual possibilità statistica di diventar persone – cosa che di fatto non sono). Se fossero persone potenziali, significherebbe che sono persone vere e proprie, esseri umani in potenza (dobbiamo tornare a scomodare Aristotele, poveretto, per ricordarci che l’essere in potenza è uno stato dell’essere – non del non-essere – per cui se qualcosa è in potenza, allora è?). Se un feto è una persona in potenza, significa che è una persona, a tutti gli effetti, in una determinata fase del suo sviluppo. Avremmo già chiuso qui il discorso, falsificando fin dall’inizio la premessa.
Visto però che gli accademici di oggi sono un pochino ignoranti (con tutta quella fretta di fuggire, si sono persi dei pezzi interessanti per la strada), perdoniamoli per questo piccolo errore, e continuiamo a seguire il loro ragionamento: siccome feto e neonato non sono ancora persone effettive, cioè non hanno lo statuto morale delle persone effettive – la logica conseguenza sarebbe che chi di loro si occupa, ne può disporre a suo piacimento.
Ma qual è il problema che ci sta sotto (e che è quello davvero interessante, a mio avviso, e per cui ho esultato nel vedere l’articolo)? Il problema reale è l’implicita risposta che i nostri due connazionali danno alla domanda: cos’è una persona? Chi, potendosi definire persona “effettiva” è degna di essere trattata come oggetto e soggetto di azioni morali? Sembrerà strano, ma la discussione non è certo nuova, e i nostri non fanno altro che ripescare (come poi ammettono nella loro lettera di scuse) definizioni scritte da altri (sarebbe simpatico capire se anche questi altri intendevano fare soltanto “pura logica”, o avevano invece qualche pretesa ulteriore, chissà mai che qualche filosofo oggi pretenda di dire qualcosa di vero…).
Dal momento che abbiamo consapevolmente e allegramente eliminato qualsiasi riferimento ad un concetto di “anima”, ad un qualcosa di “immateriale”, che, diciamolo così, tenga insieme la nostra persona, quel complesso di accidenti psico-fisici che ci ostiniamo a chiamare “io” (troppa paura di ricadere in quel ridicolo binomio di res cogitans e res extensa, senza capir bene come l’anima e il corpo si tocchino in quello strano organo che è la ghiandola Pineale – ebbene sì, dopo Cartesio quel che c’era prima l’abbiamo buttato giù per lo sciacquone!), non abbiamo più un modo per distinguere la persona dal resto del creato. Cos’è una persona? Cos’è un essere umano? Chi sono io?
I nostri ricercatori usano una definizione introdotta da Michael Tooley nel 1975: orbene, questo studioso ha sviluppato la sua definizione di persona proprio all’interno del dibattito sull’aborto, e con il fine precipuo sostenere che persona si diventa “ad un certo punto”, ed esiste un “prima” in cui persona non si è (non stiamo facendo pura logica, parliamo di noi stessi, dei nostri figli: prima non erano persone, ad un certo punto sì; quando?), esattamente con il fine di legittimare l’aborto. Una definizione ad hoc, si direbbe. Ed eccola qui: “un organismo possiede un serio diritto alla vita solo se possiede il concetto del sé come soggetto continuo nel tempo di esperienza e di stati mentali, e crede di essere una tale entità continua nel tempo (M. Tooley 1972, Abortion and Infanticide, “Philosopy and Pubblics Affaris”, 2, 1, pp. 37-65). In pratica per avere il diritto di vivere, dovremmo prima essere pienamene autocoscienti, e desiderare la nostra esistenza.
Ecco qui: crediamo di essere persone? Crediamo di essere soggetti continui nel tempo? Allora siamo persone. Quel che siamo dipende da quel che crediamo di essere e da quel che desideriamo essere. Se questo ci soddisfa, allora hanno proprio ragione loro: l’aborto, in qualsiasi momento della gestazione, è un atto moralmente lecito (in qualche caso probabilmente utile e preferibile). E così l’infanticidio. Perché a due giorni, cosa crede di essere il nostro bambino? E a due mesi? E a due anni?
Chissà cosa crederà di sé il signor Tooley a novant’anni.  E anche i nostri due ricercatori. Ci consola pensare, però, che se dovessero incontrare - come Asterix e Obelix nelle loro dodici fatiche - Iris il mago egizio, non avrebbero problemi. Anche se uscissero dal suo antro convinti di essere un animale, per esempio un cinghiale, sarebbero tranquilli: un maiale adulto, infatti, sa di essere vivo, e lo desidera. Sarebbe più persona, quindi, di un neonato*, e con maggior diritto, perciò, di essere tenuto in vita.
Ed allora: “Io sono un cinghiale, un cinghiale, un cinghiale” (può far bene alla salute!).


*Non è una mia esagerazione, ma una teoria filosofica ben “fondata”, elaborata da Peter Singer nel suo Etica pratica, pubblicato in italiano da Liguori nel 1985.

18 commenti:

  1. Non sai quanto piacere mi abia fatto trovare questo post diciamo impegnativo ma nel senso positivo del termine...va a toccare proprio quello che è il dramma della vita moderna...direi della ricca vita moderna occidentale....dove parlare di anima fa paura...dove gli individui e la vita umana viene usata come dei numeri per dimostare ipotesi e tesi senza dare rilevanza al valore e al significato delle parole e dei risultati di questi "esperimenti intellettuali"...si è perso il vero valore della vita... si è persa la capacità di accettazione e di accoglienza...si è perso il rispetto di se stessi e della vita umana (vedi appunto il paradosso del cinghiale)...proprio perchè si ha paura del lato religioso e mistico della natura e della vita...forse sarà poco redditizio in un mondo in cui tutto è business...ma se perdiamo l'anima e i veri sentimenti rischiamo di perdere tutto e soprattutto il nostro essere uomini...ci sarebbe da scrivere e scrivere su questo argomento che mi sta tanto a cuore...e son proprio contenta che tu l'abbia affrontato in un post...oggi come oggi ci vuole coraggio anche ad esprimere le proprie idee! Grazie!

    sogni nel cassetto

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    1. Tutto vero. E soprattutto, per amor del "ragionamento intellettuale", quel che buttiamo via, è proprio la ragione! Tanto è vero che non osiamo più dire: ho detto una cosa vera (anche se controversa).Piuttosto ci si nasconde dietro al: ma era solo un esercizio di logica.
      E la ragione, dov'è?

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    2. Quando si dice che Cartesio e' il padre della scienza moderna, non gli si fa certo un complimento.
      Purtroppo il progresso scientifico, essendo sponsorizzato dalle industrie, non va nella direzione del progresso umano, ma ha come obiettivo l'ottimizzazione dello sfruttamento.
      L' orrore serpeggia poco sotto la superficie, e non mancano le voci "autorevoli" che si alzano a giustificarlo con esercizi di logica e bugie acrobatiche. Cosi la societa' regolata dalla spietatezza del mercato e' propagandata come un paradiso di liberta', la guerra diventa "missione umanitaria" , l'aborto un "diritto della donna".
      Io questo lo chiamo il "diritto" di essere infelici!
      Perche' invece nessuno sancisce il diritto della donna ad essere aiutata a tenere e a mantenere il proprio figlio?
      Quanto al tipico "cervellone" , temo che spesso sia pagato per non usarlo. Ho conosciuto da vicino alcune persone che lavorano in laboratori di "ricerca" dove lo stile e' di tipo militare: l'ottusita', che regna sovrana, e' a garanzia della prevedibilita' dei risultati, gia' decisi in partenza da chi paga lo stipendio.
      E' la "ragione"...del leone.

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  2. Complimenti, davvero, per questa riflessione. Profonda, vera e molto acuta.

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  3. oddio, esco con la testa in fumo...
    sto ancora cercando di capire quello che ho letto, davvero non sono ironica: ho trovato un po' difficile seguire (ma per me, sia chiaro!) i ragionamenti riportati nel tuo post.
    non sono sicura di condividere a pieno il contenuto dell'articolo che hai menzionato, ma rifletterò senz'altro sulla definizione di Tooley.
    buon pomeriggio!
    Letizia

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    1. Ammetto che, quando entro in questo "campo" la mia anima filosofica si risveglia, e faccio fatica a trattenermi!! Tieni conto che sono più di quindici anni che, in qualche modo, mi occupo di questi argomenti, e d'altra parte non è questo il luogo per trattati di antropologia... Però, come tacere? Spero però che sia chiara la mia ironia, circa il contenuto dell'articolo: sono contenta che si dica che uccidere un neonato è eticamente accettabile quanto l'abroto. Cioè: sono entrambe eticamente inaccettabili. Se sono stata fuorviante, chiedo scusa!!

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    2. oh si si , lo avevo capito.
      questo si.
      è che ogni tanto mi fermo a riflettere su questi argomenti, e cerco di affrontarli dal punto di vista di chi la pensa diversamente da me, per capire insomma.
      tu penta, io bis, mi sa che abbiamo un'ida in comune, ecco.

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  4. cara Cristina, complimenti per l'articolo... con la stessa logica di questi "signori della scienza", allora si potrebbero uccidere anche i disabili psichici, tanto anche loro non sono autocoscienti. sono concetti abominevoli e nazisti!!! la nostra società è caduta veramente in basso.

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    1. Purtroppo, è proprio così...
      Ciao MammaVivi, benvenuta!

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  5. Ho letto tutto l'articolo linkato (la traduzione in italiano) e mi colpisce la frase finale.
    '
    Ma, se una malattia non è stata scoperta durante la gravidanza, se qualcosa è andato male durante il parto, o se le circostanze economiche, psicologiche o sociali sono cambiate e il prendersi cura della prole diventa un peso insostenibile per qualcuno, allora alle persone dovrebbe essere data la possibilità di non essere costrette a fare qualcosa che non sono in grado di sopportare.'

    Mi chiedo allora se per quei casi (anche italiani purtroppo) di bambini uccisi a suon di botte dai propri genitori non si possa chiedere l'assoluzione, in considerazione di questa bellissima tesi dei nostri due illustri studiosi.

    'alle persone dovrebbe essere data la possibilità di non essere costrette a fare qualcosa che non sono in grado di sopportare.'

    Ma scusate, uccidere il proprio figlio è forse qualcosa che una persona è in gradi di sopportare??????????????
    Chiediamolo magari a chi ha affrontato l'aborto e se ne pente ogni giorno della sua vita.

    Complimenti per questo post, scritto benissimo.
    Ciao!
    Cathy

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    1. Grazie Cathy! Davvero, una volta che si mette in dubbio il valore incommensurabile ed assoluto di OGNI SINGOLO essere umano (persona), allora tutto è possibile! Il problema è riscoprire, cosa, o chi, dà valore ad ogni singolo, nato, non nato, perfetto o "imperfetto"; come ciascuno di noi!

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  6. Un cinghiale? Hmmm...per sua conformazione, il cinghiale non sa alzare la testa verso le stelle. Che vita è , se vivi senza le stelle? Finisci che fai ragionamenti strani su chi ha diritto di vivere. Visto che ci siamo, potrei essere qualcosa d'altro, che so, un picchio, un picchio, un picchio?
    ;-)

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  7. Leggevo i commenti al post di ClaudioLXXXI e pensavo appunto questo: questi due cervelloni stanno dicendo cose che avevo già sentito propagandare da un pezzo da parte di Singer e dei suoi seguaci, ma allora qual è la novità che desiderano comunicarci con il loro articolo? E' seria una rivista scientifica che pubblica un lavoro che ripete cose già dette prima da altri senza aggiungere un contributo originale all'argomento?
    Se tu lo hai letto tutto (e sicuramente l'hai capito meglio di me...), mi puoi aiutare a rispondere al mio interrogativo?
    Ciao,
    Cristina

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    1. Guarda, mi sono fatta la stessa domanda. Dov'è la "sopresa"? Quel che ho pensato è che Singer e seguaci difendono da sempre una posizione assolutamente estrema, consapevoli (e ben fieri!) di farlo. In questo caso, invece, il punto di partenza antropologico da cui si muove la riflessione ha un aspetto più "moderato" (tanto è vero che gli studiosi che lo condividono, cercano poi dei correttivi, in campo etico, per evitare proprio simili aberranti conclusioni). Quello che si sono permessi di dire (ed è il motivo per cui li ringrazio) è che le premesse che accettiamo comunemente (dichiarando lecito l'aborto) hanno in sè tali conseguenze. Qui sta il punto di scandalo. L'uomo "medio" non approverebbe mai Singer, fin dall'inizio, mentre viviamo in un mondo in cui va bene uccidere un figlio mentre è ancora nel grembo della madre. Hanno smascherato un "bug" del nostro sistema.
      Quel che sorprende, un pochino, è la leggerezza con cui ne parlano (soprattutto nella lettera di "scuse", in cui, appunto, fanno una specie di passo indietro).
      Mi chiedo perchè,invece di scatenarsi contro i due ricercatori, la cosiddetta "opinione pubblica" non abbia tratto la conseguenza corretta: "ma allora, è davvero un errore l'aborto!" (lasciano poi spazio alla considerazione, caso per caso, della "responsablità" degli individui coninvolti).

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  8. Finalmente ho trovato questo articolo...

    Non posso commentare più di tanto su quanto dici nel tuo commento perché al di là delle mie conoscenze, tuttavia non posso non sottolineare la sorpresa nel vedere tanto can can... devo ammettere che sono molti anni che mi pongo le domande che vengono poste nell'articolo e di certo non sono l'unico a chiedersi quando una persona diventa tale. Se l'aborto è lecito, mi pare decisamente lecito chiedersi se e quando una persona diventa tale. Se l'aborto è lecito solo a 24 ore dal concepimento, dopo una settimana o 6 mesi o 24 mesi.
    Se si postula che la vita non va difesa dal concepimento, quando fermarsi?

    C'è da dire che situazioni simili si riscontrano altrove... ad esempio il matrimonio dei gay (che in Europa e in America sta sempre più rendendo piede). Se si ammette che si possano sposare persone dello stesso sesso, perché no estendere questa possibilità tra consanguinei? E vogliamo parlare della poligamia/poliandria? Perché fermarsi solo a matrimoni tra gay? Dopo tutto non si parla in tutti questi casi di adulti consenzienti?

    Vogliamo poi parlare dell'eutanasia e del suicidio assistito?

    Insomma, se si comincia a cambiare la morale troppo rapidamente, come si fa a sapere quando fermarsi?

    Interessante questo passaggio dell'articolo:
    "Merely being human is not in itself a reason for ascribing someone a right to life. Indeed, many humans are not considered subjects of a right to life: spare embryos where research on embryo stem cells is permitted, fetuses where abortion is permitted, criminals where capital punishment is legal."
    che mostra come sia soggettivo il diritto di vivere.

    Comunque dove l'articolo, a mio avviso, fallisce è nelle conclusioni quando dice: "we do not put forward any claim about the moment at which after-birth abortion would no longer be permissible"
    Questa è la domanda chiave e se non rispondono a questa tutto il discorso mi sembra inutile.

    In sostanza si tratta di risolvere il paradosso di anfibio (come ho menzionato su Il Bambino Naturale), ma loro invece di trovare una risposta (anzi, LA risposta) dicono che non se la sentono... troppo facile cara Minerva:)

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    1. Caro Andrea, mi dispiace se ti ho fatto penare per trovare l'articolo (ora che il giveaway si è concluso l'ho riposto in primo piano).
      Come giustamente fai notare tu, uno degli aspetti più drammatici è il cedimento filosofico (e culturale) circa la possibiiltà di raggiungere il vero (LA risposta). Quanto poi al concetto di persona, c'è poco da dire, solo in ambito cristiano si è potuto sviluppare un concetto di persona tale da conferire uguale valore e dignità a tutti gli esseri umani. Quando si comincia a pensare, invece, che c'è chi può decidere chi è uomo e chi no, le conseguenze sono infinite (e terribili...)

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