lunedì 18 novembre 2013

Sabato mattina: tempo di scuola

openday-2013-02Il sabato mattina, un tempo – molto tempo fa – era una mattina di riposo, proprio di relax. Sveglia tardi, colazione abbondante, lenta e tranquilla preparazione di un buon pranzetto (a volte senza nemmeno togliere il pigiama…). Una pacchia!

Poi c’è stata l’epoca del sabato mattina nel lettone: i figli man mano, svegliandosi, ci raggiungevano, e ancora sono nella nostra memoria vivida le epiche battaglie tra il papà e i due maschietti, le coccole con le femmine. Di volta in volta ci si chiedeva: “ma in quanti ci staremo ancora? tre, cinque… e poi?”. Ora possiamo testimoniare che il lettone ci regge anche in otto… ma non è più facile come prima farci le capriole e farsi il solletico: prima o poi qualcuno cade!

Ultimamente, tra l’altro, il sabato mattina è momento di fervida attività: c’è la spesa settimanale, qualche commissione improrogabile e sempre qualche lavoretto in casa. Il riposo non è più contemplato…

Ma sabato scorso, tutto il resto è passato in secondo piano, perché alla scuola dei ragazzi c’era l’Open Day, una giornata lungamente attesa e desiderata, perché la nostra scuola, per mostrare ai futuri alunni e genitori il suo lato migliore, ha deciso di mettere in gioco i ragazzi. Perciò, dall’asilo alle scuole medie, ciascuno dei nostri figli non vedeva l’ora di farci vedere che in quel grande istituto, tra i banchi, le aule e le attività quotidiane, i veri protagonisti sono loro!

Alle medie abbiamo potuto vedere sia le classi in azione in momenti di lezioni “ordinaria” (ho fatto fatica ad individuare la nuova insegnante di arte e tecnologia, che difficilmente si distingue dalle sue alunne, per freschezza ed entusiasmo). Purtroppo ci siamo persi le prove del coro, in vista dello spettacolo di Natale, ma non ci sarebbe bastata neppure la bilocazione per poterci gustare di tutto quello che c’era da vedere!

Un gruppo di studenti di seconda accoglievano i genitori nel corridoio, offrendo un aperitivo spagnolo, e raccontando – in lingua – il lavoro di geografia, illustrando i cartelloni realizzati insieme. Sapevo che La Sartina si stava preparando a quel momento da giorni (chi dorme con lei si lamentava da tempo di sentirla chiacchierare in lingua straniera anche durante la notte), ma vedere ragazzini di 12 anni esprimersi con scioltezza in una lingua straniera ci ha veramente stupiti: certamente con un po’ di imbarazzo, era però evidente che stavano raccontando un pezzettino di sé. Lo sguardo orgoglioso dell’insegnante, che si gustava lo spettacolo, rendeva ancora più evidente una cosa: non un compito da svolgere, non un buon voto da prendere, quello che i ragazzi stavano facendo era mostrarci un pezzetto della propria esperienza, del loro lavoro e del loro entusiasmo. Era davvero tangibile la soddisfazione di ciascuno, in quello che stava facendo.

Svoltando l’angolo, ci aspettava nientemeno che un thè letterario: tavolini, con bevande e biscotti, proprio come in club di appassionati. Sullo sfondo, uno spettacolo davvero imprevisto: vere e proprie “opere”, pezzi unici da ammirare (e anche da votare, per premiare il preferito). Ogni studente ha rappresentato, con una tecnica liberamente scelta, la copertina di uno dei libri letti per l’estate. Io ricordo le interminabili  “schede” da compilare su ogni libro letto. Qui ho visto porte e cancelli di “Giardini segreti”, mappe della Terra di Mezzo, disegni, incisioni, arazzi, mosaici… Io che sono (ed ero anche alla scuola media) una grandissima appassionata di lettura, difficilmente ho visto realizzata una tale dimostrazione di passione per quel che un librò è,come compagnia,come possibilità di rapporto, tra un ragazzo e un autore. Ho pensato al C.S. Lewis, alla sua passione infantile di creare “mondi”, prima concretamente, con coperchi dei barattoli di biscotti, muschio e foglie, e poi con la fantasia, col disegno, e infine con la penna. Ecco, quelle copertine erano mondi, che più di qualsiasi recensione ci raccontavano cosa ognuno ha vissuto, leggendo un libro. Noi non siamo riusciti ad intrattenerci a lungo, ma mentre ammiravamo le opere, abbiamo potuto ascoltare i ragazzi raccontare il loro incontro con i testi, le preferenze, i giudizi, i desideri nati leggendo… Piacerebbe a me avere un posto così per raccontarmi, e raccontare quel che leggo!

Ma la gita alle medie doveva finire, le cinque classi della scuola elementare ci stavano aspettando,con altrettante meraviglie! La Polpetta l’anno prossimo inizierà la sua avventura, e desideravo proprio portarla a vedere la classe, la maestra, quello che sarà suo l’anno prossimo. Purtroppo ci siamo persi tutta l’attività dell’ottima maestra Patrizia (santa donna che per cinque anni ha “sopportato” e “tirato grande” L’Ingegnere), che ha illustrato il metodo che nella scuola viene utilizzato per insegnare a leggere, e a scrivere. Io non sono una esperta di didattica ma posso sintetizzare così quello che ho già vissuto coi primi tre figli, e attendo per l’anno prossimo: si impara dall’esperienza. I bambini non sono dei vasi da riempire con nozioni e conoscenze, ma al contrario, l’azione educativa è concentrata nel favorire l’espressione dell’energia conoscitiva e della naturale curiosità dei bambini. Perciò ogni conquista è una scoperta, da favorire, nei tempi e nelle modalità di ogni bambino (l’attenzione al singolo è davvero un altro tratto distintivo della nostra scuola). Quel che ha più colpito La Polpetta, d’altra parte, è che la classe era incredibilmente bella: piena di colore, disegni di onde appesi alle pareti, ricci di das e pasta colorata, bacheche con i numeri dallo 0 al 10… vibrava l’attività e la scoperta!

Siamo passati velocemente anche dalla classe terza, dove inizia lo studio della storia: abbiamo ammirato una parte trasformata in grotta, ricoperta di graffiti, ascoltando testimonianze (dei bambini) sulla gita in Valcamonica, da cui ogni anno prende avvio il lavoro di indagine del passato: sul campo.

Il programma di seconda parlava da solo: Ordinare e quantificare la realtà: “Nel regno della pasta si conta per 10 e basta”: anelli, collane e catene di pasta, e grani di mais. Sembrava di essere in un laboratorio montessoriano, coi bambini intorno ai tavoli, tutti impegnati nelle loro attività di calcolo.

Ma avevamo fretta: la quarta elementare (con il nostro Cavaliere) ci attendevano nel salone polivalente con una grande opera, uno spettacolo teatrale, recitato interamente in inglese. The Gingerbread Man, la famosa storia dell’omino di pandizenzero, con scenografie stupefacenti, realizzate dai bambini con l’aiuto di un paio di mamme eccezionali! L’emozione non manca mai, in queste circostanze, ma di nuovo, cantando insieme a loro “run run run,gingerbread Man…” (anche le sedie e i tavoli in casa nostra avrebbero potuto partecipare allo spettacolo, tanto hanno assistito alle prove casalinghe…) mi sono accorta che Il Cavaliere, che solitamente non si ricorda nemmeno di aprire il diario per vedere se ha dei compiti per il giorno dopo, e spesso alle 18:45 inizia a lavorare, solo perché io sono emersa per un istante da tutte le altre attività e gli ho chiesto “ma tu niente compiti oggi?”, non solo sapeva perfettamente la sua parte, ma si era preoccupato di avere i vestiti adatti, il necessario per la scena, avendo domandato fino allo sfinimento ogni particolare di cui aveva bisogno. Di nuovo, questo lavoro, era suo.

All’asilo i bambini giocavano. Quell’aula per me così familiare, dopo otto anni in cui ogni pomeriggio, tranne una breve pausa, sono andata a recuperare almeno un figlio, era animata dalla solita festosa attività: l’angolo del tiro a segno (allestito per l’occasione), i tavolini per disegnare e fare i puzzle, il fantastico angolo della farina di mais (che ogni tanto le mie figli, in particolare La Streghetta, portano a casa – avranno paura che non ci sia abbastanza per cena? – ma ormai abbiamo imparato e non ci troviamo più interdetti davanti ai mucchietti gialli che troviamo in giro per casa, scivolati dalle tasche dei grembiulini…). I bambini all’asilo fano questo: giocano, e stanno insieme, serenamente. Nel nostro andirivieni tra le diverse attività, ogni volta che facevamo capolino all’asilo La Streghetta mi guardava delusa dicendo “ma dobbiamo già andare via?”. Posso testimoniare che le mie bambine sono state le ultime ad andarsene!! E ieri mattina, la prima domanda è stata “ma anche oggi c’è l’Open day? Ma perché no?”. Proverò a proporla, oggi, alle maestre, qualche apertura straordinaria anche la domenica mattina…

Tutto ciò, ovviamente, l’ho vissuto con L’Elfo bello appollaiato (e dormiente) sulla mia schiena.

Nella nostra epoca storica, in cui davvero non posso nascondere l’inquietudine per i tanti attacchi che l’umanità sta subendo, non economici, non sociali, non ideologici, ma proprio a livello antropologico, sul valore stesso dell’essere umano, abbiamo sempre considerato – io e il sant’uomo – l’educazione dei nostri figli come la prima preoccupazione, il nostro compito principale. In quest’ottica affrontiamo senza troppa fatica i sacrifici che comporta l’avere ben cinque figli ad una scuola privata. Quello di cui ci siamo accorti in questo week-end, o meglio, ciò di cui abbiamo preso sempre maggiore consapevolezza, è che la nostra scuola non è un “rifugio” costruito intorno ai nostri figli per proteggerli  da una realtà che giudichiamo minacciosa. La nostra scuola è davvero un luogo di educazione di eccellenza, dove i nostri figli, guardati come valore e non come il prodotto di un progetto (magari anche buono), imparano davvero a far fiorire la loro umanità, con un metodo che parte dalla constatazione che la ragione è davvero apertura alla realtà. Con l’inesauribile curiosità e l’energia della giovinezza, ma con la guida certa di adulti che hanno trovato una strada per la loro vita, piena di speranza.

Diciamolo, io che ho più volte accarezzato l’idea dell’homeschooling (forse più ancora per me che per i figli), davvero non ho motivo per non desiderare anche la levataccia del mattino (qui alle 7:20 si deve uscire di casa, anche le piccoline), certa del luogo buono che ogni giorno accoglie i miei bambini (e i miei ragazzi).

20 commenti:

  1. Che bello!!! Avessi una scuola così vicino non ci penserei due volte. Credo che spesso davanti a certi racconti chi sia contro le scuole private faccia davvero fatica a ricredersi visto il clima culturale in cui viviamo. Se potessimo scegliere credo che la maggior parte sceglierebbe una scuola così. Dove l'interesse al bambino è conseguenza di una scoperta meravigliosa nella propria vita che ti insegna a guardare al prossimo sempre in maniera nuova e ampia. Grazie perchè leggendo i miei occhi si sono riempiti di bellezza.

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    1. Grazie a te Elena! Sono contenta di essere riuscita a trasmettere la bellezza che ho visto!

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  2. Decisamente una scuola che funziona, ma non necessariamente perché è privata, piuttosto perché è gestita e animata da persone preparate che amano il loro lavoro e i bambini e ragazzi che sono loro affidati. Infatti non è diversa dall'esperienza che ho fatto io dall'asilo in poi nella scuola pubblica, dove ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada persone altrettanto competenti e appassionate. E come è successo a me è capitato a molti altri.
    Elisa

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    1. Raccolgo volentieri tutte le esperienze positive, da qualsiasi parte vengano!

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  3. Ciao Cristina,
    l'open day della futura scuola di Leo sarà il 30 novembre.
    Anche per noi scuola privata, la scuola pubblica del paese mi lasciava perplessa su molte cose e siccome anche qui cova sotto la cenere l'idea della scuola parentale volevo almeno una scuola tradizionale che proponesse insegnanti super motivate e molto attente al bambino non al programma.
    Vedremo ....
    Buona serata a te e alla tua truppa Chiara

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    1. Ti auguro davvero un buon Open Day,e spero che tu possa trovare quello che cercate!

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  4. Che dire... complimenti!
    Anche noi abbiamo a cuore questo argomento, ma non conoscendo una realtà simile nelle nostre vicinanze e non potendo permetterci una tale spesa, molto probabilmente sceglieremo per l'homeschooling. Che comunque resta per noi la cosa migliore.
    ciao ciao

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    1. Concordo: anche io se non avessi questa fortuna, penserei alla stessa soluzione!

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  5. Formata nella scuola pubblica, figlia di una maestra della scuola pubblica, nipote di una professoressa delle scuole medie pubbliche, non ho mai sentito la necessità di rivolgermi alla scuola privata. Ho due lauree. Le mie figlie frequentano la scuola elementare che ho frequentato anch'io. Non vedo in loro i segni di una insufficiente preparazione.
    Comunque è molto bello ciò che hai raccontato. Mi chiedo però se non avresti vissuto le stesse emozioni in una scuola pubblica... E mi chiedo se, statistiche alla mano, la percentuale di laureati formati alla scuola pubblica sia superiore a quella di studenti formati in una scuola provata.

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    1. Io sono abituata a seguire la bellezza dove la trovo, perciò, come ho detto in un commento sopra, sono contenta di accogliere tutte le esperienze positive che volete raccontarmi. Le statistiche mi interessano fino ad un certo punto (ciascun mio figlio per me ha un valore assoluto, e mi interessa la sua di felicità!). Non ho nemmeno la preoccupazione che si laureino tutti, a dire il vero. Preferisco pensare che crescano uomini e donne felici, capaci di riconoscere e perseguire la propria vocazione. Perciò non ho la preoccupazione di cercare altrove medesime emozioni (come se cercassi in altri uomini l'emozione che mi dà il sant'uomo!), piuttosto giudico quel che vedo e scelgo per il meglio. Finché sarò libera di farlo...

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    2. Quindi mi chiedo, dalle tue parti le scuole pubbliche sono peggio della scuola privata che avete scelto? Le avete vagliate come opzione? Sul profilo della scelta, lo stato ha il dovere di offrire l'istruzione gratuita a tutti, è chiaro che poi chi vuole un'opzione diversa è libero di fare la sua scelta.
      Elisa

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    3. Questo post non vuole essere l'occasione per nessuna polemica, né per un dibattito sull'educazione statale o paritaria. La mia scuola lavora ottimamente, ne sono fiera, e se pure mi costa il sacrificio delle rette da pagare, penso che ne valga la pena. Se ci fosse qualcosa di uguale in zona, gratuito, sarei folle a voler pagare, no? La scuola di stato l'abbiamo provata, e quella del nostro paese non fa per noi. Non giudico di nessuno (la mia mamma ha sempre insegnato in scuole di stato, e io pure sono sempre andata in scuole statali, il mio non è un pregiudizio ideologico). Lo Stato ha il dovere di garantire la libertà di educazione alle famiglie (che sono il soggetto dell'educazione). In questo momento non accade esattamente così, chi si mette in gioco, crea un'opera educativa per i propri figli e per chi condivide la medesima preoccupazione educativa, è costretto a sacrifici economici per poter difendere le proprie scelte (penso anche a tante scuole montessori, o staineriane). Nello stesso tempo ogni studente di scuola paritaria fa risparmiare un sacco di soldi allo stato (sull'intera spesa statale per l'istruzione solo l'1% è destinato alle scuole paritarie, mentre sono più di 6 miliardi di euro quelli che lo Stato dovrebbe spendere in più ogni anno, se le paritarie e le private chiudessero in blocco e il fiume di studenti si riversasse nelle scuole statali. Per non parlare di tutti i docenti e del personale non docente che perderebbe l'impiego, si parla di più di un milione di famiglie coinvolte). Comunque, per tornare alla mia preoccupazione (quel che mi spinge a scrivere su queste pagine), non intendo pubblicare altri commenti su questa tematica, preferirei ospitare tante belle esperienze, da dovunque provengano. Non mi piace parlare qui dei massimi sistemi (i post filosofici sono pochi, segnalati dall'immagine iniziale, e per lo più - ne sono consapevole - auto referenziali). Qui mi piace scrivere, e leggere, dell'esperienza. Raccontaci delle cose belle che hai vissuto e vivi, e sicuramente ne saremo tutti arricchiti. A me piace molto più imparare da tutto il positivo che incontro, piuttosto che pensare che se una cosa è fuori dai miei schemi è da combattere!

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    4. Chiedo scusa, non volevo fare polemica, ero interessata a una riflessione, vista la chiusura del tuo intervento che recitava enigmaticamente "Finché sarò libera di farlo ...". Me ne sfuggiva il senso. E' bello che i tuoi figli godano di un'esperienza ricca e formativa come voi la volevate, così come è bello quello che sta vivendo il mio piccolo nel suo asilo nido comunale, improntato ai metodi di insegnamento di Loris Malaguzzi.
      Elisa

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    5. Ah, il dramma dell'anonimato! Scusa Elisa, non avevo fatto caso alla firma, e credevo che il tuo post fosse stato scritto da Gianna, per continuare il dibattito. Ho risposto duramente per questo fraintendimento. Grazie per il tuo contributo! Sono certa che, per Grazia, la bellezza si fa vedere dove vuole!

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  6. Riconoscente e ammirata che esistano mamme così. Grazie Cristina, non avevo mai letto qui ma tornerò.

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  7. Riconoscente e ammirata che esistano famiglie così. Non avevo mai letto qui ma tornerò di certo.

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  8. Ciao Cristina,
    passa dal mio blog c'è una cosa per te:
    http://semplicementeoggi.blogspot.it/2013/12/premi-e-auguri-di-natale.html

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  9. E' proprio grazie a Erica, qui sopra che sono arrivata qui da te...ed è bastato un giretto per decidere che tornerò qui ancora e ancora...se riuscite a sopravvivere con sei figli, allora posso farci un pensierino, ad allargare ancora un po' la mia famiglia...
    A presto! ^_^

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  10. Ciao! E' sempre bello sentire di una scuola che offre tanto agli studenti; privata o pubblica che sia, è una bellissima cosa, ultimamente è purtroppo rara.

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