mercoledì 12 settembre 2012

Verità

Foto Titolo BlogOggi è l’ultimo primo giorno di scuola di quest’anno, per me. Mercoledì scorso è stato il primo giorno di asilo per le piccolette, lunedì il primo giorno di prima media per La Sartina, oggi il primo giorno di (rispettivamente) terza e quinta elementare per Il Cavaliere e L’Ingegnere.
Come ogni anno mi sono emozionata, mi sono commossa, non ho dormito (io) nei giorni precedenti. E come ogni anno li ho lasciati andare, per la loro strada, felice di sapere che dopo poche ore li riaccoglierò a casa.
Quest’anno, però, c’è una differenza: io, per il momento, resto a casa da sola. Non accadeva da anni (almeno sei), quando ho inserito Il Cavaliere all’asilo tre mesi prima della nascita della Polpetta.
Mi trovo con una montagna di tempo a mia disposizione, ne sono quasi spaventata.
Ieri, avendo a casa solo i due “maschi”, continuavo a voltarmi per cercare le bambine, e ogni cosa che iniziavo a fare pensavo “finché non si svegliano, finché non mi interrompono”, per poi ricordarmi che tutte e due, invece, erano già felicemente alla scuola.
Certo, ho milioni di cose da fare (alle sei e mezza ho fatto partire la prima di una lunga teoria di lavatrici che mi aspetta per oggi): lavare tutti i vestitini per il nascituro, fare il cambio degli armadi delle bimbe (gli altri li ho già fatti – mi posso vantare?), creare uno spazio vitale minimo per la creatura in arrivo. Oltre tutte le attività routinarie trascurate in questa settimana di inserimento all’asilo: rinfrescare la pasta madre, lavare i pavimenti, fare la polvere (è il mio punto debole. Insieme a molti altri…), bonificare la camerette approfittando della prolungata assenza della prole.
Però, stamattina, visto che è la prima mattina, ho deciso di seguire il consiglio di qualcuno, e me la voglio godere. Fare qualcosa di solo mio.
Perciò ho intrapreso questo post. Che, come si intuisce dall’immagine dell’albero, è un post “filosofico”, suscitato da una discussione, lunghissima, che ho intrapreso su FB (lo so, non è proprio il luogo ideale per far filosofia, ma non sono riuscita a tirarmi indietro).
Ora, volutamente lascerò nel vago il contenuto della discussione, perché mi interessa ragionare sulle premesse e la materia del discorso distoglierebbe l’attenzione. Invoco solo una cortesia da parte di chi legge: la pazienza di arrivare fino in fondo, perché certi passaggi del mio pensiero probabilmente appariranno quanto meno impopolari. Perché io possa spiegarmi adeguatamente, però, è necessario che li compia tutti, per verificarne le conclusioni.
Mi è stato detto:
“ la mia posizione in materia di ***** è basata sul rispetto delle idee diverse dalle mie (…)
Ci sono tante filosofie e religioni quante teste sulla terra, e tutte, a buon diritto, SONO "verità relative", e nel tuo caso non è diverso, a rigor di logica, a meno che non hai un cervello "fuori serie", con capacità cognitive, analitiche e di sintesi sovrumane”.

(cito questa frase, estrapolata dal suo contesto, come mero spunto della mia riflessione. Non ne cito l'autore - che è stato informato ed è d'accordo su questo - perché la frase così estrapolata non rende ragione dell'interezza del suo pensiero. Tutto ciò che segue è un giudizo non sulla persona che ha espresso questa opinione - ovviamente - , ma è una riflessione che desidero fare, a partire da questa che per me è stata una provocazione)
Ecco, a questo punto della discussione ho pensato che davvero avesse ragione quel sant’uomo di mio marito, dicendomi che non valeva la pena andare avanti ad argomentare (e poi invece ho continuato, perché sono una zuccona!). D’altra parte, con chi la pensa in questo modo, mi rendo conto che qualsiasi tipo di discussione, dalla pena di morte alla scelta del gusto di gelato per dessert, è una discussione destinata all’interminabilità (termine che prendo in prestito da “Dopo la virtù” di Alasdair McIntyre, uno dei libri che mi ha cambiato la vita).
Mi spiego: io non penso che esistano sulla terra tante “verità relative”, tutte con lo stesso valore. Considero questa posizione proprio filosoficamente inaccettabile. E penso che chiunque la difenda non sia più in grado, se fosse davvero coerente con questo pensiero, di discutere di nulla con nessuno (nemmeno con se stesso!!), perché ogni affermazione varrebbe esattamente quanto quella opposta, e non ci sarebbe nessun criterio (se non esterno, perciò estraneo, soggetto a mutamento imprevisto, e perciò inaffidabile) per prendere una decisione.
Credo che chi afferma questo principio (cioè che ci sono tante opinioni diverse, e tutte valgono allo stesso modo) confonda un po’ i termini del discorso.
Questo il mio pensiero (chiedo venia a chi è più rigoroso di me, invoco l’attenuante di stare scrivendo una pagina su un blog e non un trattato filosofico): esiste la verità (e ne esiste una sola!).
Esiste, cioè, una realtà delle cose, non opinabile. Su questa realtà noi esseri umani (persone), siamo in grado di esprimere dei giudizi (e questa è esperienza comune, credo).
Ora, questi giudizi sono molto più che mere “opinioni”: io, quando dico di voler bene ai miei figli non dico “penso di voler loro bene”, io affermo un giudizio vero “voglio loro bene”. Tant’è che se qualcuno lo negasse, mi arrabbierei.
Così come penso che il tavolo su cui sto scrivendo è nero. Non è che io credo che sia nero, non è una mia opinione. La realtà dei fatti è questa: il tavolo è nero. E se qualcuno mi dicesse che è bianco gli direi: “sbagli, guarda!”, senza sentirmi per questo intollerante. Facevo così con La Polpetta, che ha faticato ad imparare a riconoscere i colori, e non credo di aver limitato la sua libertà, ma di averla anzi tutelata, insegnandole a riconoscere il vero!
Non tutti i casi, però, sono semplici come il definire il colore del mio tavolo. Cosa mi rende certa, allora, dei giudizi che esprimo, su questioni anche più controverse? Brachilogicamente: la loro corrispondenza con la realtà. Mi spiego: io riconosco vero il mio giudizio, perché nella mia esperienza (nella prova dei fatti, che io ritengo criterio di verità) mi accorgo (verifico) che quel che penso corrisponde alla realtà. Essere e pensiero sono concordi, armoniosi.
Con questo non intendo dire che ho sempre ragione (e questo è un po’ il punto su cui si fa confusione!!): siccome io non vedo tutto, e non conosco tutto, ovviamente quando parlo di “realtà” e “verità” con cui posso paragonare il mio pensiero, intendo quel pezzetto di realtà e verità che in quel momento riesco ad afferrare, a conoscere (una piccola parte di quell’unica realtà e di quell’unico vero che costituiscono l’infinito del creato). Spesso, poi, con il trascorrere del tempo (che è proprio, per definizione, lo spazio della manifestazione del vero!!), mi accorgo di aver trascurato qualche fattore, di non aver visto tutto. Il mio giudizio è stato, magari, parziale. E ho la possibilità di rivederlo, modificarlo, approfondirlo, e questo non mi scandalizza affatto, anzi, è una possibilità meravigliosa!
Ci sono anche quelle volte in cui mi accorgo di essere stata frettolosa, di aver dato un giudizio prima di aver verificato la realtà: il giudizio era proprio sbagliato. Ho fatto un errore.
Ecco: lo spazio della discussione (sia con se stessi, che con le altre persone), sta proprio in questa “differenza di potenziale” tra la nostra ragione (limitata) e la realtà. Ciascuno vede, afferma, sostiene i giudizi che il paragone tra la sua ragione e la realtà gli hanno permesso di formulare.
Qui sta l’interessantissima possibilità di mettere in comune i propri giudizi, mostrare ad altri le conclusioni cui si è giunti, scoprire (a volte con stupore, commozione e gratitudine) quello che non avevamo colto e che a qualcun altro è apparso evidente. Tutti con il medesimo scopo: fare un passettino in più verso la conoscenza di quell’infinito che la realtà è, arrivare non a possedere la verità (impossibile per il nostro limite), ma a lasciarsi, sempre di più, avvincere e possedere da lei. Per questo ci sono certe dialoghi (almeno a me accade così) che spalancano il cuore e si vorrebbe poter non smettere mai!!
Perciò non sono le opinioni ad avere tutte il medesimo valore: ci sono opinioni giuste e opinioni sbagliate. Giudizi corretti e giudizi incompleti (la maggior parte) e giudizi addirittura sbagliati.
Partendo da queste premesse, è possibile confrontare i propri giudizi, mettere alla prova le proprie convinzioni, non perché tutte valgono allo stesso modo, ma perché tutte meritano allo stesso modo di essere messe alla prova dei fatti. Il valore non sta nel contenuto del pensiero, ma nel soggetto, che esprime il giudizio: cioè la persona (fino a prova contraria solo gli esseri umani sono in grado di formulare giudizi sulla realtà!).
Io sono convinta che senza l’assenso a queste premesse, sia impossibile costruire un dialogo su qualsiasi tipo di discorso: sarebbe come “giocare senza regole”. 
E chi invece afferma che la verità non esiste? C’è poco da fare, se è coerente, non può più pretendere da nessuno che il proprio pensiero venga condiviso (su che base?) e non dovrebbe nemmeno aspettarsi di mantenere lo stesso pensiero nel corso della sua vita, ma non in seguito ad una riflessione, ma in modo addirittura caotico (un qualsiasi imprevisto può portarlo a ribaltare completamente, da un giorno con l’altro, anche senza motivo apparente, una qualsiasi delle sue convinzioni). Si dovrebbe rassegnare alla totale anarchia, del pensiero e delle azioni.
Il tentativo di stabilire dei “requisiti minimi” di base, per il discorso (necessario in campo etico, e civile, soprattutto al fine di mantenere una buona convivenza tra gli uomini) è destinato a fallire, perché sempre in balia dell’imposizione del più “forte” (che sia in termini di maggior forza fisica, di sopraffazione numerica, o anche di mera capacità argomentativa).
Insomma, c’è un unica sorgente e fondamento per la tolleranza tra gli uomini: il comune riconoscimento di una verità verso cui camminare. Inciampando, incespicando, a volte cadendo. Ma sempre sostenendosi.
Se poi questa verità, all’alba di un bel mattino, si facesse presente, in carne ed ossa, come compagnia reale alla vita dell’uomo, non sarebbe ancora il Paradiso. Ma quasi….
D’altra parte, questa è un’altra storia!!!1



















15 commenti:

  1. Cristina, mi dispiace, sono quasi incredula, ma concordo con il Sant'Uomo: è inutile, certi muri sono di gomma, le tue riflessioni dell'altro giorno... perle ai porci. Un abbraccio. Barbara

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    1. Ba, ma non ti facevo così intollerante, al punto di dar ragione a quel sant'uomo!!! Probabilmente avete ragione: Fb non è il luogo. Ma io non mi so contenere, su certi temi!!
      Comunque, auguri a tua sorella, che, mi pare, invecchia oggi, giusto?

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    2. Sai cosa succede? Più invecchio e più divento uguale a mio padre! aargh!!

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    3. Detto così, effettivamente, fa un po' paura... Oggi però ti ho sentito (o visto) dire troppe volte che stai diventando vecchia. Bisogna suggerire a tuo marito di inventarsi qualcosa per farti sentire di nuovo una ragazzina! Ogni tanto ce n'è bisogno...

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  2. Ok, fino alla fine ci sono arrivata, ma chiedo venia: non riesco a dare una risposta degna su questa tua dissertazione. Quello che so è che io in questo momento, con la Belva malaticcia da praticamente un mese e ora sotto antibiotici, ormai a fine corsa che aspetto solo di partorire e dopo due settimane di tensione perchè il Navigante non era a casa e avevo paura di scodellargli il figlio senza la sua presenza...proprio non riesco nemmeno a pensare di fare una discussione del genere.
    È inutile, tu sei più avanti! Io ormai ho solo la forza di dedicarmi al quotidiano e a fine giornata mi pare già troppo :(
    E scusa la lunghezza della risposta!

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    1. Come fai a scusarti della lunghezza del tuo commento, visto il romanzo che mi sono permessa di pubblicare io?? Ma quand'è il tuo termine, che non me lo ricordo!!!

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    2. Venerdì...ma alla 32esima mi hanno terrorizzato con questioni di parto prematuro causa eccesso di liquido amniotico...pensa come posso stare!

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  3. Ciao Cristina,
    non mi espongo troppo perchè (come avevo già scritto una volta) purtroppo su questi discorsi io mi incarto... :)
    Comunque complimenti per questo post, per la complessità dell'argomento e la chiarezza del tuo esporre.
    In realtà mi ci ritrovo...
    Per le ultime 3 righe... beh... (e ora mi incarto!!!) noi vorremmo proprio Lui :) ma finchè siamo qui dobbiamo "accontentarci" di averLo accanto attraverso noi cristiani, coi nostri umani pregi e difetti... :)
    Ciao!
    Chiara

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  4. stupendo questo post, che davvero mi fa capire la ragione nascosta della tua voglia di ascoltare davvero le opinioni degli altri: ancora una volta, ti ammiro! Io non sarei riuscita a formulare tutto cio' in modo altrettanto semplice e chiaro, ma lo condivido appieno...I nostri mariti, invece, condividono l'opinione sulle discussioni su facebook: tempo perso. Ma alla fine quante volte anche io mi faccio trascinare...

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  5. E' molto bello questo post filosofico e facile da seguire anche da chi, come me, non ha una formazione filosofica. Spero che il tuo interlocutore lo abbia trovato utile perché spiega molto bene l'incoerenza di base e la falsità del pensiero relativo.
    Io ho studiato psicologia all'università e in quell'ambiente erano molto diffuse queste "verità relative" che avevano tanto fascino per noi giovani studenti interessati di più a tutto quello che era costruzione soggetiva ed interiore che alla realtà delle cose.
    Posso dire, per mia esperienza personale e per quello che ho visto attorno a me, che tanta gente ha perso l'abilità di ragionare in modo corretto e la buona abitudine di confrontarsi onestamente con la realtà. Tante volte è più facile seguire le proprie illusioni, che vengono tanto assecondate da una certa cultura dominante...E mi chiedo come si fa a tornare all'uso corretto della ragione e come lo si insegna ai nostri figli? Probabilmente dovremo studiare tutti un po' di filosofia per non confonderci nei ragionamenti :)

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    1. Grazie, grazie!! Avevo bisogno di conforto: qualcuno è arrivato fino in fondo, e alla fine si capisce anche qualcosina...
      Comunque, per fortuna per vivere bene non c'è bisogno di fare filosofia. A volte, basta proprio il caro vecchio buon senso, quello dei nostri nonni!
      E un pochino di onestà con se stessi....

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  6. Marx parlava di redenzione


    la redenzione ridara l innocenza
    l umanita' ritornera innocente
    simile ma nn uguale alla prima innocenza
    perche nessuno potra piu con perline colorate ingannare il mondo

    questo il ns passaggio storico e' necessario
    l umanita' deve superare le ultime menzogne l ultima menzogna
    che la tiene schiava
    nn ci si puo asterenere si deve passare da questo orrore
    per nn entravi piu

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    1. Purtroppo Marx parte da una concezione materialistica, secondo cui l'uomo non è altro che quell'animale che "produce da sè i suoi mezzi di sussistenza" (e questa sarebbe la differenza specifica). Da ciò consegue che qualsiasi espressione "non materiale" è pura "sovrastruttura", usata da chi detiene il potere per soggiogare gli altri!
      Da questo punto di partenza, pur potendo condividere un certo aspetto della sua fenomenologia - ha colto indubbiamente alcuni aspetti di verità - le conseguenze che ne trae mi risultano inaccettabili. Proprio perché trascura un aspetto del reale (la tensione all'infinito, tanto per dirne una, il desiderio trascedentale, per dirne un'altra).
      Anche per questo è stato così spesso frainteso e strumentalizzato, tanto che in nome delle sue "teorie" non sono stati risparmiati grandi massacri dell'umanità!
      L'evidenza ci dimostra che l'umanità può tornare innocente solo se purificata dal peccato originale.
      Impossibile all'uomo. Ma, per Grazia, Qualcuno è già venuto....

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